Luigi Piovano / Šostakovič / Mozart
Luigi Piovano, direttore/violoncello
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Programma
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Dmitrij Dmtrevič Šostakovič
San Pietroburgo, 1906 - Mosca, 1975Concerto n. 1 in mi bemolle maggiore op 107 per violoncello e orchestra
Allegretto
Moderato
Moderato
Allegro non troppo
Periodo di composizione: 20 luglio-1° settembre 1959.
Prima esecuzione: Leningrado, Sala Grande della Filarmonica, 4 ottobre 1959. Il 1° gennaio Fidel Castro era entrato a L’Avana in testa alle sue truppe.
Composto tra il 20 luglio e il 1° settembre del 1959, il Concerto n. 1 in mi bemolle maggiore è la testimonianza della rinnovata stima che Šostakovič aveva a poco a poco conquistato nell’ambiente sovietico dopo il momento di forte tensione determinato dalla rappresentazione della sua opera Lady Macbeth del distretto di Mszenk. Erano ormai passati più di vent’anni dalla pesante stroncatura, nei confronti di quest’opera, apparsa nell’articolo Caos anziché musica, pubblicato sulla «Pravda» il 28 gennaio 1936, che di fatto aveva messo Šostakovič quasi ai margini della vita musicale sovietica additandolo come un oppositore del regime comunista. In questo periodo piuttosto lungo Šostakovič era riuscito a riguadagnarsi lentamente il favore del pubblico e delle autorità grazie a un atteggiamento accorto e al rasserenamento del clima politico in seguito alla morte di Stalin avvenuta il 5 marzo 1953, la cui notizia, appresa dalla figlia Galja, fu così commentata dal compositore: Ora tutto cambierà? Speriamo. La situazione non mutò immediatamente, ma per Šostakovič incominciarono ad essere poste le basi per quella riabilitazione grazie alla quale sarebbe migliorata sensibilmente la sua condizione esistenziale ed economica. Nel 1958 tale processo di riabilitazione era ormai compiuto in patria e per Šostakovič si erano aperte le porte del successo internazionale che culminò in una serie di prestigiosi riconoscimenti. All’ordine di Cavaliere delle lettere e delle arti, che venne conferito a Šostakovič a Parigi, si aggiunsero presto il titolo di socio onorario dell’Accademia musicale della corona inglese e l’alto dottorato dell’Università di Oxford. Il 9 ottobre ad Helsinki egli ottenne il prestigioso Premio Internazionale «Jean Sibelius», assegnato in precedenza a Stravinskij e a Hindemith, mentre la prima esecuzione americana del Secondo concerto per pianoforte e orchestra, il 2 gennaio 1958, con Leonard Bernstein nella doppia veste di direttore e solista, si era risolta in un vero e proprio trionfo. Šostakovič, però, non riuscì a godere totalmente del successo personale e della tranquillità artistica determinata dal miglioramento del rapporto con il regime sovietico in quanto incominciarono a manifestarsi i primi sintomi di una grave paralisi alla mano destra che lo avrebbe costretto a rinunciare totalmente alla sua attività di pianista. Continuò, tuttavia, a comporre completando nel 1959, come già accennato in precedenza, questo Concerto per violoncello e orchestra che, eseguito per la prima volta il 4 ottobre dello stesso anno a Leningrado da Mstislav Rostropovič, a cui è dedicato, e dall’Orchestra Filarmonica locale, diretta da Evgenij Mravinskij, consolidò maggiormente la sua fama non solo in patria, ma anche all’estero. Il Concerto ebbe, infatti, un’accoglienza favorevole a Washington dove fu eseguito il 24 ottobre dello stesso anno alla presenza del compositore che si trovava negli Stati Uniti per un periodo di quattro settimane, durante il quale fu nominato membro dell’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti.
Questo Concerto, particolarmente gaio ed estroso, rappresenta efficacemente il momento di serenità vissuto da Šostakovič che in onore di Mstislav Rostropovič, a cui la partitura è dedicata, ha costruito una composizione intrisa di un fascino orientaleggiante. È, infatti, molto probabile che Šostakovič abbia così reso omaggio all’Azerbajdžan, terra natale del grande violoncellista. Questo lavoro presenta, inoltre, un carattere spiccatamente virtuosistico che emerge già nel primo movimento, Allegretto, un vero e proprio Allegro sinfonico in forma-sonata, piuttosto raro nei concerti di Šostakovič, nel quale le melodie e le scale orientaleggianti vengono rielaborate grazie a una scrittura estremamente moderna in cui il violoncello espone i temi sfruttando tutte le parti del suo registro. Questo primo movimento è tutto giocato sul contrasto tra il tema principale e un secondo tema “cavato” dal motto D.Sch che pone in primo piano il nome del compositore. Il secondo movimento, Moderato, si staglia come un’oasi lirica della quale assoluto protagonista è il violoncello che nella parte conclusiva si produce in una serie di armonici di grande suggestione, i quali introducono una vasta Cadenza, segnata in partitura come una sorta di terzo movimento. Nell’ultimo movimento, Allegro non troppo, collegato al precedente proprio da questa grande cadenza, ritorna il tema iniziale in una scrittura virtuosistica e un po’ chiassosa che manifesta il carattere ottimistico della pagina.
Durata: 29'
Wolfgang Amadeus Mozart
Salisburgo 1756 – Vienna 1791Sinfonia n. 41 “Jupiter” in do maggiore KV 551
Allegro vivace
Andante cantabile
Menuetto (Allegretto)
Molto allegro
Periodo di composizione: Vienna, agosto 1788
“La sinfonia Jupiter di Mozart è l’opera più bella che io abbia mai ascoltato”.
È impossibile non sottoscrivere queste parole espresse da Richard Strauss a proposito di quest’ultimo lavoro sinfonico di Mozart che, per la grandiosità dei suoi temi e della sua architettura musicale, fu soprannominata dall’impresario londinese Peter Salomon, in un’edizione postuma di una trascrizione pianistica, Jupiter. Completata il 10 agosto del 1788, la Jupiter chiude un bimestre prodigioso e straordinariamente creativo per Mozart che in brevissimo tempo scrisse i suoi tre ultimi capolavori sinfonici come si evince dalle date di composizione di questi tre lavori che furono completati nell’ordine: la Sinfonia n. 39 in mi bemolle maggiore KV 543 il 26 giugno e la Sinfonia in sol minore il 25 luglio 1788, meno di un mese prima della Jupiter. Il 1788 non fu un anno favorevole per il compositore che, sebbene particolarmente ispirato, non aveva visto ripetersi, per il suo Don Giovanni, nella rappresentazione viennese del 7 maggio di quell’anno al Burgtheater, il successo ottenuto a Praga e che non si trovava in floride condizioni economiche nonostante i 225 fiorini percepiti per la sfortunata rappresentazione nella capitale asburgica. Il 1788 fu, dunque, per Mozart un anno di grandi delusioni le cui tracce, rinvenibili nella precedente Sinfonia in sol minore ricca di pathos, sono del tutto dissipate nella successiva Jupiter. Queste due sinfonie, pur così vicine dal punto di vista cronologico, sono sostanzialmente diverse sia per la tonalità, che nella Jupiter è costituita dal solare e perentorio do maggiore, sia per l’organico orchestrale che prevede l’inserimento delle trombe e dei timpani conferendo al brano un carattere marziale.
L’affermazione trionfale e perentoria della regalità, che molto probabilmente indusse Salomon a soprannominare la sinfonia Jupiter, è racchiusa già nella semifrase iniziale del primo tema del primo movimento (Allegro vivace) che ricorda da vicino l’incipit dell’ouverture dell’Idomeneo con le terzine di semicrome che risolvono sulla tonica. A questa semifrase, così perentoria, risponde una seconda dotata quasi di una serenità olimpica e maestosa nell’elegante canto dei primi violini. Il carattere marziale del movimento è confermato nell’esposizione di questo primo tema soprattutto nei ritmi puntati affidati a legni e ottoni, mentre il secondo tema si evidenzia per una scrittura più distesa che trasfigura in modo elegante il ritmo puntato. Nella coda dell’esposizione viene introdotta infine una terza idea tematica, vera e propria protagonista dello sviluppo e tratta dall’arietta Un bacio di mano composta tre mesi prima. Il secondo movimento Andante cantabile è una pagina di straordinario lirismo che contrasta con il primo movimento anche per l’utilizzo di un organico orchestrale ridotto per la mancanza dei timpani e delle trombe. Questo movimento, estremamente libero dal punto di vista formale con un’esposizione ben marcata in cui sono presentate tre diverse idee tematiche, un breve sviluppo, e una ripresa con il primo tema che ritorna nella parte conclusiva quasi in eco, si evidenzia per un carattere disteso, ma al tempo stesso pensoso solo appena turbato dalla seconda idea tematica dall’andamento angosciante nella scrittura sincopata degli archi. Con il successivo Menuetto ogni tipo di angoscia appare fugato e il clima festoso del primo movimento si afferma con una straordinaria eleganza che coinvolge anche il Trio diviso in due sezioni, delle quali la prima è strutturata in un dialogo tra flauti, fagotti e corni da una parte e oboe e archi dall’altra, mentre la seconda espone il motivo di quattro suoni su cui si fonda l’ultimo movimento. L’ultimo movimento, Molto allegro, è, infine, una mirabile sintesi tra scrittura contrappuntistica e forma-sonata configurandosi come un testamento sinfonico di altissimo valore. Il primo tema, costituito da appena quattro suoni (do-re-fa-mi), è immediatamente riesposto nella forma di uno stretto di fuga a cinque parti e lascia il posto a una nuova idea civettuola che svolge la funzione di transizione al secondo tema di carattere lirico. Nello sviluppo emerge la grande perizia contrappuntistica di Mozart attraverso un gioco imitativo che trova la sua espressione più completa nella coda del movimento dove, in un poderoso fugato, appaiono tutti i motivi di questo Finale amalgamato in una straordinaria e suggestiva sintesi.
Riccardo Viagrande
Durata: 41'