Bach, Pincombe
Riccardo Doni, direttore/clavicembalo
Mario Brunello, violoncello piccolo
Accademia dell'Annunciata
Duomo di Monreale
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Luogo
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Duomo di Monreale
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Giorno
ora
Durata
Prezzo
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Giorno
Sabato 21 Ottobre 2023
Ore
21,00
Durata
80min.
Prezzi
0 - 0 €
Ingresso libero fino ad esaurimento di posti
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Programma
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Johann Sebastian Bach
Eisenach, 1685 - Lipsia, 1750Concerto Brandeburghese n. 3 in sol maggiore BWV 1048 per archi e basso continuo
Allegro - Adagio - Allegro
Durata: 12'
Johann Sebastian Bach
Eisenach, 1685 - Lipsia, 1750Concerto in Re maggiore BWV 1054 per violoncello piccolo, archi e basso continuo (dal Concerto per violino di J. S. Bach BWV 1042))
Allegro - Adagio piano e sempre - Allegro
Durata: 22'
Carl Philipp Emanuel Bach
Weimar, 1714 - Amburgo, 1788Concerto in la maggiore Wq.172/H.439 per violoncello piccolo, archi e basso continuo
Andante e spiccato - Adagio - Presto
Durata: 20'
Steuart Pincombe
s st v br cht per solo violoncello, violino, basso e 9 strumenti (dall'aria "Es ist vollbracht" della Passione secondo San Giovanni BWV 245 di J. S. Bach)
Durata: 8'
Johann Sebastian Bach
Eisenach, 1685 - Lipsia, 1750Concerto Italiano in fa maggiore BWV 971 (trascrizione per violoncello piccolo, archi e basso continuo di Riccardo Doni)
Senza indicazione di tempo – Andante – Presto
Durata: 15'
Al periodo trascorso a Köthen appartengono i 6 Concerti Brandeburghesi nei quali Bach sperimentò diverse soluzioni formali, compositive e strumentali. Egli stesso nella dedica al margravio di Brandeburgo Christian Ludwig fece riferimento alla varietà delle soluzioni strumentali di questi concerti, intitolati dal compositore in francese Concerts avec plusieurs Instruments (Concerti con più strumenti) e ribattezzati dal musicologo Philipp Spitta Brandeburghesi proprio in riferimento alla dedica al margravio di Brandeburgo. Sembra, tuttavia, che l’autografo bachiano non sia stato preso in grande considerazione dal margravio e, dopo una serie di passaggi di mano impossibili da ricostruire, giunse, nel 1754, in possesso di Johann Philipp Kirnberger, uno degli allievi prediletti di Bach, all’epoca violinista nella cappella imperiale alla corte di Potsdam. Questi, ottenuto nel 1758 l’incarico di maestro di musica della principessa Anna Amalia di Prussia, regalò a quest’ultima il prezioso manoscritto. Alla morte della principessa il manoscritto, che costituisce l’unico documento in cui tutti e sei i concerti sono raccolti, fu conservato nella Biblioteca dello Joachimstahl Gymnasium e, infine, nella Biblioteca di Stato di Berlino dove è ancora oggi custodito. Il Terzo Concerto in sol maggiore BWV 1048 è particolare sia per l’organico, costituito dai soli archi (3 violini, 3 viole, 3 violoncelli) e dal basso continuo senza il concertino, sia per la struttura formale in due movimenti separati da una cadenza con una possibile improvvisazione ad libitum del clavicembalo o di un altro strumento. L’organico, limitato ai soli archi, rende questo concerto, che chiude la prima parte della raccolta, simile al Sesto che presenta lo stesso organico a dimostrazione del fatto che Bach diede a posteriori un’organizzazione unitaria a tutta l’opera. L’assenza del concertino è stata interpretata, invece, come un indizio di arcaicità e per questo motivo si ritiene che il concerto sia stato composto durante il periodo di Weimar come ouverture per qualche cantata. Nel primo movimento è evidente la coesione tematica tra l’esposizione e il primo episodio concertante al quale partecipano tutti gli strumenti in una scrittura imitativa. Il secondo movimento è una vivacissima giga strutturata in modo bipartito. Tra il primo e il secondo movimento del Concerto è stata collocata da Bach una cadenza frigia marcata con il tempo Adagio, ancora oggi piuttosto enigmatica dal punto di vista interpretativo. È indubbio, infatti, che questo momento di stasi musicale vada colmato, ma l’esecuzione dei due accordi appare insensata e poco artistica. È probabile che Bach abbia lasciato all’estro degli esecutori il compito di colmare questo vuoto con un’improvvisazione o affidata al cembalo o ad altri strumenti melodici. Appare totalmente scorretta la scelta di sostituire queste due battute con un non ben precisato Adagio preso da qualche altra composizione di Bach. L’improvvisazione sui due accordi è oggi la scelta adottata nella prassi esecutiva del concerto.
"Un musicista non può sperare di commuovere l'ascoltatore se non si commuove lui stesso. Deve necessariamente sentire tutti gli affetti che spera di suscitare nel suo pubblico, poiché, rivelando il suo proprio stato d'animo, ne stimolerà uno simile in chi lo ascolta".
In questa affermazione di Carl Philipp Emanuel Bach è racchiusa la poetica alla quale il compositore tedesco intese informare tutta la sua produzione della quale una parte molto interessante è quella riguardante i Concerti, scritti in maggioranza per clavicembalo, ma che, come da prassi per l’epoca, furono trascritti per strumenti a fiato o per archi. A questa categoria appartiene anche il Concerto in La maggiore Wq.172/H.439 che fu adattato da Bach anche per flauto traverso. Aperto da un Allegro, dal ritornello particolarmente brillante, il concerto prosegue con un Adagio di intenso doloroso lirismo, e si conclude con un Allegro pieno di brio.
La produzione di concerti per clavicembalo di Johann Sebastian Bach, che consta di ben 14 lavori, si concentra nel decennio che va dal 1725 al 1735, quando i figli del compositore, diventati ormai dei virtuosi di questo strumento, avevano bisogno di nuove composizioni per potersi esibire presso il «Collegium Musicum» della città di Lipsia, dove il padre ricopriva la carica di Thomaskantor e Direktor musices. Molti di questi concerti sono rielaborazioni di precedenti, andati perduti, nei quali era già presente uno specifico linguaggio cembalistico in funzione concertante. Tra questi va annoverato il Concerto in re maggiore BWV 1054, qui presentato in una versione per violoncello piccolo, che è una rielaborazione del Concerto per violino BWV 1042 e il cui primo movimento, Allegro, contamina la classica struttura a ritornello con una forma tripartita A-B-A1. Nel primo movimento di questo Concerto Bach concesse maggiore spazio al solista che si produce anche in una cadenza (Adagio) prima del finale. Nel secondo movimento (Adagio), costruito con lo stesso procedimento di quello corrispondente del Concerto in la minore, al solista è affidata una melodia di ampio respiro su un accompagnamento ostinato del basso. La struttura a ritornello riappare nell’ultimo movimento, Allegro assai, dove il contrappunto cede il posto a una scrittura dotata di grande energia ritmica che assume le movenze di una danza.
È lo stesso Steuart Pincombe a illustrare il suo lavoro s st v br cht ispirato dall'aria Es ist vollbracht della Passione secondo San Giovanni BWV 245 di J.S. Bach.
"Sono affascinato dalla capacità di Bach di ritrarre in modo così efficace i paradossi che si trovano nella sua fede cristiana. Nella sua aria “Es ist vollbracht”. Bach contrappone il triste Adagio all’eroico Vivace per ritrarre che la morte di Cristo, alla luce della sua risurrezione, fu davvero una vittoria. L’aria è ovviamente un commento teologico, che sarebbe stato compreso almeno dalla maggior parte dei fedeli al tempo di Bach. La mia versione strumentale dell’aria non parte da questa visione teologica, piuttosto parte dalla confusione e dalle idee incomplete che via via diventano qualcosa di simile all’originale di Bach. Perché confusione? La verità del paradosso non è ancora compresa dall’osservatore immediato. Potrei pensare all’originale di Bach come a una narrazione post-esperienza e alla mia versione come a una narrazione di esperienza immediata, limitata e che richiede tempo per la comprensione.
La strumentazione si compone di quattro serie di tre nell’apertura, simbolo dei dodici discepoli. Violoncello solista (linea vocale) insieme a due violini, violino solo (linea gamba) insieme a due violini, tre viole, basso solo (continuo) insieme a violoncello e clavicembalo.
La distorsione della gamma dall’inizio dell’Adagio si sistema nel suo legittimo posto nel ritorno del Vivace. Frequenti momenti di vuoto all’inizio lasciano presto il posto al flusso previsto. E infine, l’elemento più essenziale in questo processo. Il suono strumentale delle consonanti diventano gradualmente vocalizzazioni delle parole.”
Qui presentato in un’originale trascrizione per violoncello piccolo, archi e basso continuo di Riccardo Doni, il Concerto italiano BWV 971 fu scritto da Bach intorno al 1735 per clavicembalo del quale sfruttò le possibilità timbriche offerte dallo strumento a due manuali che consentiva di poter diversificare le parti eseguite, in un immaginario concerto per ensemble strumentale, da tutti gli strumenti e da quelle solistiche. Il primo movimento si basa sul regolare e simmetrico tema iniziale del ritornello, mentre il secondo, Andante, è una pagina di intenso lirismo di sapore vivaldiano. Il concerto si conclude con un travolgente Presto.
Riccardo Viagrande
Durata: 80'