Belliniana – Omaggio al Cigno di Catania

Gianluca Marcianò, direttore

Desirée Rancatore, soprano

Vittorio Grigolo, tenore

Catania - Villa Bellini

  • Luogo

  • Villa Bellini - Catania

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Sabato
    14 Settembre 2024

    Ore

    21,00

    Durata

    -

    Prezzi

    - €

    Calendario

Belliniana 2024 logo

  • Programma

  • Giuseppe Verdi
    Roncole di Busseto, 1813 - Milano, 1901

    I Vespri siciliani, sinfonia

    Gaetano Donizetti
    Bergamo 1797 - Bergamo 1848

    Anna Bolena "Al dolce guidami castel natio"

    Gaetano Donizetti
    Bergamo 1797 - Bergamo 1848

    L'elisir d'amore " Prendi, per me sei libero"

    Vincenzo Bellini
    Catania 1801 - Puteaux 1835

    Il Pirata "Oh! S'io potessi dissipar le nubi"

    Gioachino Rossini
    Pesaro, 1792 - Passy, 1868

    Guglielmo Tell, ouverture

    Giacomo Puccini
    Lucca, 1858 – Bruxelles, 1924

    Tosca "E lucean le stelle"

    Jules Massenet
    Montaud 1842 - Parigi 1912

    Werther "Pourquoi me réveiller?"

    Georges Bizet
    Parigi, 1838 - Bougival, 1875

    Carmen "La fleur que tu m'avais jetée"

    Vincenzo Bellini
    Catania 1801 - Puteaux 1835

    Il Pirata, sinfonia

    Gaetano Donizetti
    Bergamo 1797 - Bergamo 1848

    L'elisir d'amore "Chiedi all'aura lusinghiera"

    Giacomo Puccini
    Lucca, 1858 – Bruxelles, 1924

    La Bohème "O soave fanciulla"

     

    Tra le sinfonie verdiane quella dei Vespri Siciliani è una delle più famose ed eseguite con maggiore frequenza. L'opera ebbe, però, una lunghissima e difficoltosa gestazione, dovuta al fatto che Verdi, poco versato al genere del Grand-Opéra, lavorò ad essa lentamente e senza particolare passione. Dopo vari problemi, che si verificarono durante le prove, l’opera, il cui libretto è un adattamento realizzato da Eugène Scribe e da Duveyrier di un vecchio Duc d’Albe, preparato prima per Halévy e, poi, per Donizetti, andò in scena il 13 giugno del 1855, diventando l’attrazione più importante dell’Esposizione Universale, con un grande successo. La sinfonia è l’ultima composta da Verdi seguendo la struttura formale tipica delle ouvertures rossiniane con un’introduzione lenta e un Allegro riconducibile alla forma-sonata, anche se i temi sono tratti dall’opera, alla quale risulta collegata. L’introduzione, Largo, si apre con un tono mesto, conferito a esso da un motivo ritmico, associato da Verdi, in genere, alla rappresentazione della morte, e da un secondo elemento tematico che, esposto dai clarinetti e dai fagotti, è tratto dal canto dei monaci che intonano un salmo per i morituri. Un momento di serenità sembra aprirsi in questa introduzione nel Cantabile, tutto strutturato sul tema dell’aria di apertura di Hélene, ma le percussioni e gli archi con la figurazione ritmica della morte sembrano minacciare una sventura che giunge puntuale nell’Allegro agitato, il cui primo tema, introdotto da un rullo dei timpani in crescendo, è quello del massacro. Dopo il secondo tema, costruito su quello del duetto dell’atto terzo tra Henri e Monfort, parte il crescendo a cui segue una terza idea tematica, tratta dall’aria dell’addio di Hélène alla sua amata Sicilia. La ripresa è mutila del primo tema, che, però, appare in brevi cenni a disturbare la ripresa del melodico secondo tema. L’ouverture si conclude con una travolgente coda, Prestissimo, nella quale Verdi ha rivelato tutta la sua maestria di strumentatore.

    Nel 1830 il Duca Pompeo Litta, dopo aver tentato, insieme a due ricchi mercanti Marietti e Soleri, di ottenere la gestione della Scala, rifiutata dall’autorità asburgica che preferiva Crivelli e Barbaja, ripiegò sul Teatro Carcano. Per prendersi una rivincita sul prestigioso teatro decise allora di scritturare Bellini e Donizetti per la stagione di carnevale 1830-31, sfruttando la rivalità dei due compositori per dare celebrità al teatro. Ai due rivali offri, inoltre, lo stesso librettista, Felice Romani, e i due grandi artisti del momento, Giuditta Pasta e Giovanni Battista Rubini. Romani scrisse, per Donizetti, Anna Bolena e, per Bellini, La Sonnambula. Al dolce guidami castel natio è tratto dal finale dell’Anna Bolena nel quale la regina rievoca il giorno delle nozze, ma anche il suo amore per Percy al quale immagina di chiedere di guidarla al castello natio in un belcantistico, ma espressivo cantabile.

    Composta nel 1832 in soli 14 giorni su libretto di Romani, L’Elisir d’amore di Donizetti debuttò il 12 maggio 1832 ottenendo un clamoroso successo avallato dalle 32 repliche consecutive. Tratto dal secondo atto, Prendi, per me sei libero costituisce l’elegiaco cantabile del duetto nel quale Nemorino e Adina si dichiarano il loro amore.

    Patrocinato da Domenico Barbaja, il quale, oltre ad essere impresario dei teatri napoletani, era anche appaltatore del Teatro alla Scala di Milano, e su segnalazione di Zingarelli e Mercadante che contribuì a fare conoscere Romani a Bellini, nel 1827, il compositore catanese approdò nel celebre teatro milanese con Il Pirata, il cui libretto di Romani fu tratto dal melodrame Bertran, ou Le Pirate di I. J. S. Taylor, a sua volta ispirato alla tragedia in 5 atti di Charles Robert Maturin, Bertram, or The Castle of Saint-Aldobrand. Rappresentata per la prima volta il 27 ottobre 1827, l’opera, di cui "Oh! S'io potessi dissipar le nubi", corrispondente alla scena della follia di Imogene nel finale del secondo atto, è una delle pagine più famose, ottenne un successo clamoroso.

    Andato in scena il 3 agosto 1829 al teatro dell’Opéra di Parigi, Guillaume Tell è l'ultima opera di Gioacchino Rossini che ad appena 38 anni chiuse la sua carriera piena di successi. Nell’opera, aderente al momento storico contemporaneo al compositore, sono presenti temi divenuti cari a Rossini, come l’amor di patria, la libertà, la lotta per il riscatto e la natura come elemento vitale dell’ambiente. Questi temi sono già definiti nei quattro quadri di cui si compone la celeberrima Sinfonia: la malinconia dell’attesa, realizzata dal quintetto dei violoncelli, la violenta esplosione dell’uragano che segna l’inizio della rivolta, la visione idillica del paesaggio alpino che fa da sfondo all’azione con il corno inglese a cui risponde il flauto in gioco di richiami paesaggistici, e, infine, l’inno della vittoria, aperto da una trionfale fanfara di trombe e corni a cui si uniscono alla fine anche i timpani.

    Tosca di Giacomo Puccini, andata in scena, per la prima volta, al Teatro Costanzi di Roma il 14 gennaio 1900 sotto la direzione di Leopoldo Mugnone, fu completata il 29 settembre 1899, non prima che si fossero appianate tutte le divergenze tra il compositore e i librettisti, tra le quali è rimasta celeberrima quella riguardante l’addio alla vita di Cavaradossi. Nel libretto di Illica questo passo, che aveva suscitato i consensi di Verdi, presentava un carattere riflessivo e quasi filosofico poco adatto alla concezione della vita e della musica di Puccini che avrebbe preferito un addio in cui si esprimesse l’angoscia e la disperazione del suo personaggio per la definitiva separazione dalla donna amata. La divergenza fu appianata quando il compositore, dopo aver fatto ascoltare ai librettisti la musica già composta, sottopose loro alcuni versi-guida che Giacosa trasformò immediatamente nell’attuale E lucevan le stelle, dove mantenne soltanto il verso Muoio disperato. Il successo di questa romanza indusse il compositore a dichiarare che gli ammiratori avrebbero dovuto essergli grati per tre motivi: per aver scritto la musica; per averne fatto scrivere le parole e, infine, per non averla cestinata cedendo al parere degli esperti tra cui anche Ricordi.

    Werther, l’altro grande capolavoro di Massenet insieme a Manon, pur essendo già pronto nell’inverno del 1886 per essere rappresentato, dopo quasi due anni di intenso lavoro, dovette attendere il 16 febbraio 1892 per calcare le scene dell’Hofoperntheater di Vienna con grande successo. Tratta dal terzo atto, la romanza Pourquoi me réveiller, nella quale il protagonista traduce, su invito di Charlotte, un passo dei Racconti di Ossian, è la più rappresentativa dell’opera

    Come è accaduto per molti altri capolavori del teatro musicale, anche la Carmen di George Bizet non ebbe, alla sua prima rappresentazione avvenuta il 3 marzo 1875 all’Opéra-Comique di Parigi, un’accoglienza tale da far presagire la straordinaria fortuna di cui avrebbe goduto in seguito. Il benpensante pubblico parigino, saldamente ancorato al moralismo e al perbenismo della borghesia che proprio in quel periodo celebrava i suoi fasti, rimase scandalizzato dal soggetto dell’opera che i librettisti H. Meilhac e L. Halévy trassero da una novella di Mérimée, in cui tutti i valori borghesi dell’Ottocento romantico venivano sistematicamente colpiti e il lieto fine, tipico di quel genere teatrale, era disatteso per la morte della protagonista per mano del suo gelosissimo amante Don José che, nel secondo atto, dichiara il suo amore a Carmen nella celebre romanza (La fleur que tu n’avais jetée.

    La sinfonia del Pirata di Vincenzo Bellini si apre con una sezione introduttiva divisa in due parti delle quali la prima, Allegro con fuoco, si distingue per un energico motivo staccato, mentre la seconda, Andante maestoso, trae il suo materiale melodico dall’introduzione di una sinfonia giovanile composta quando Bellini studiava al Conservatorio e già ripreso nella sinfonia dell’Adelson e Salvini. A questa sezione introduttiva segue un Allegro agitato in forma-sonata, privo, come i modelli rossiniani, dello sviluppo. Al primo tema che, aperto da un perentorio attacco degli archi, si snoda in una scrittura sincopata di forte pathos, si contrappone il secondo pieno di slancio, tratto da una cabaletta della seconda versione dell’Adelson e Salvini.    

    Con Chiedi all’aura lusinghiera si ritorna al primo atto dell’Elisir d’amore, e in particolar modo, al momento in cui, Nemorino, rimasto solo con Adina, coglie l’occasione per dichiararle ancora una volta il suo amore, al quale la villanella risponde esprimendo la volubilità del suo carattere nel cantabile.

    Completata anche nell’orchestrazione il 10 dicembre 1895, come si apprende da quanto scritto sull’autografo della partitura, la Bohème  di Puccini fu rappresentata il 1° febbraio 1896 al Teatro Regio di Torino sotto la direzione di Arturo Toscanini ottenendo un buon successo di pubblico sebbene non paragonabile a quello di Manon Lescaut con la quale fu posta a confronto dalla critica non sempre tenera. Nel finale del secondo atto, Rodolfo, rimasto finalmente solo con Mimì, ne approfitta per dichiararle il suo amore nel duetto O soave fanciulla, pullulante di passione romantica grazie al Leitmotiv (Talor nel mio forziere) che, dopo aver accompagnato l’uomo, emerge con forza nella parte vocale di entrambi i personaggi, ormai uniti in una comunione di sentimenti, in corrispondenza del verso Fremon già nell’anima. I due decidono di aggregarsi agli altri cantando la parola amore mentre l’orchestra quasi si ritira per lasciare spazio all’intimità dei sentimenti.

     

    Riccardo Viagrande