Marco Angius / Incardona / Schumann
Marco Angius. direttore
Giuseppe Albanese, pianoforte
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Programma
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Federico Incardona
Palermo 1958 - 2006Avec un morne embrassement (frammento) per orchestra da camera
Periodo di composizione: 1980
Prima esecuzione: Palermo, Teatro Biondo, 8 febbraio 1981, Gruppo da camera dell’Orchestra Sinfonica Siciliana diretto da Angelo Faja. Il 4 agosto dello stesso anno è scattata la foto di Saturno sulla sonda Voyager 2, distante circa 21 milioni di Km dal pianeta.
“Quello che considero il mio opus primo non è soltanto la narrazione di un abbraccio carnale; il cupo amplesso va al di là delle contingenze biografiche e registra più insidiosamente l’adesione integrale ad una concezione della musica spietatamente antitetica non al mondo moderno, ma a quella deviazione della modernità che ha creduto di poter cancellare l’eterno romanticismo intrinseco alla musica da quando la musica acquistò la consapevolezza di essere privilegiato osservatorio dell’interiorità”.
Come si evince da quanto scritto nel succitato programma di sala della prima esecuzione parziale, in quanto limitata solo alle prime 16 battute, avvenuta a Palermo, presso il Teatro Biondo, l’8 febbraio 1981, con il Gruppo da camera dell’Orchestra Sinfonica Siciliana diretto da Angelo Faja, è stato lo stesso Federico Incardona, allievo di Eliodoro Sollima e figlio di Nunzio Incardona (Monte Sant’Angelo 1928 – Palermo 2003), che fu uno dei maggiori filosofi siciliani del secondo Novecento, a definire Avec un morne embrassement il suo opus primo. In realtà questo lavoro non fu la prima opera di Incardona il quale, nel 1977, ancora giovanissimo, aveva scritto su commissione dell’associazione Ars nova di Palermo Mit höchster Gewalt che, come egli stesso ebbe modo di dire «tutto doveva e ad un tempo nulla» a Franco Evangelisti, ma che lo aveva portato sull’orlo dell’impossibilità di scrivere altra musica, in quanto in questa composizione aveva seguito una linea in cui l’avanguardia aveva avuto un grosso peso. Con Avec un morne embrassement, che nel 1981 avrebbe conosciuto un’altra esecuzione, ancora una volta parziale, ma in una variante più estesa, il 6 ottobre nell’ambito della Biennale di Venezia, presso la Scuola Grande di S. Rocco, da parte dello stesso gruppo da camera, che prevedeva, però, la presenza di un numero più nutrito di archi, Incardona raggiunse, in realtà, la sua maturità stilistica alla quale aveva contribuito, nei tre anni che separano le due opere, l’approfondimento della musica di Mahler, Berg, Zemlinsky e Schreker. Tuttavia è la fase pre-dodecafonica di Schönberg dalla quale sembra che il compositore palermitano abbia tratto maggiore ispirazione, come affermato da lui stesso nel già citato programma di sala, nel quale si può leggere una lucida ricostruzione della sua maturazione stilistica e compositiva:
“Sedotto dalle affascinanti volgarità alla moda, credetti per molto tempo a coloro che predicavano la morte dell’intervallo o negavano la forma; ma lo studio della musica di Bussotti, intesa come sentiero ininterrotto con la tradizione dell’espressivo e il sapere, attraverso Camillo Togni, che il rigore della scrittura veniva depurato dall’automatismo aritmetico, mi convinsero dell’atemporalità delle tecniche e della necessità di pensare la musica come a quella illuminazione della ragione sulla vita dei sensi e degli affetti, che in nome della idoneità tra opera e forma sfugga alle comodissime etichette di vecchio e di nuovo…
Dopo il diluvio, come il poeta all’inizio delle Illuminations rimescola le cose, che hanno perduto il loro antico significato, così, nell’opera in questione, tento la ricomposizione di un antico senso attraverso nuove combustioni…
I principi compositivi di questo lavoro non hanno coscientemente nulla a che vedere con la dodecafonia, il serialismo o i vari neo…ismi; prendono le mosse da quella brevissima zona inesplorata che è la primordiale fase pre-dodecafonica di Schöenberg [sic] (soprattutto l’op. 23 per pianoforte) e che egli nomò Composizione con gli intervalli. A rinnovare dopo cinquant’anni la fiducia del massimo eversore nei rapporti tra suono e suono, ascrivo a lui la mia ritrovata certezza nella possibilità di una costruzione musicale che trovi la sua ragion d’essere nella musica stessa”.
In effetti questa composizione, che, del resto, si richiama a Schönberg anche per l’organico corrispondente a quello adottato dal compositore austriaco nella sua Kammersymphonie op. 9, si riallaccia alla grande tradizione espressionista. Basato sulla rotazione di due incisi tematici continuamente sottoposti a variazione, questo lavoro, dal punto di vista formale, si presenta come un unico corpo sonoro caratterizzato da 3 adagi che si susseguono senza soluzione di continuità eccezion fatta per l’interpolazione di un Allegretto. Su questa composizione significativo è il giudizio di Enzo Restagno il quale, dalle colonne del «Gazzettino», così si espresse all’indomani della prima esecuzione:
“L’ascolto lascia il segno. Incardona ha classe e temperamento da fare invidia e ci presenta una musica dalla sonorità agglutinata e cupa, densa di echi oscuri. La volontà di canto che scorre nei pentagrammi di questa partitura ancorché smussata da una specie di spossatezza tragica, se coltivata adeguatamente potrà dare risultati formidabili”.
Durata: 35'
Robert Schumann
Zwickau, 1810 - Bonn, 1856Concerto in la minore op. 54 per pianoforte e orchestra
Allegro affettuoso
Intermezzo
Allegro vivace
Periodo di composizione: I Movimento (Lipsia, 20 maggio – giugno 1841); II e III movimento (1845).
Prima esecuzione: Dresda, 4 dicembre 1845. L’anno successivo, il 21 febbraio 1846 scoppia a Cracovia una rivolta guidata da Edward Dembowski per l’indipendenza della Polonia dall’Austria mentre a Roma, il 1° giugno 1846, muore papa Gregorio XVI.
“Il mio Concerto è un compromesso fra una Sinfonia, un Concerto, e una vasta Sonata. Mi accorgo che non posso scrivere un Concerto per i virtuosi – debbo progettare qualcos’altro”.
È questo il primo accenno, contenuto in una lettera indirizzata da Schumann nel 1839 alla futura moglie Clara, al progetto di comporre un concerto per pianoforte e orchestra. Tale progetto rimase, però, nel cassetto per un certo periodo di tempo e soltanto qualche anno dopo fu completamente realizzato. Il matrimonio con Clara, nel 1840, aveva regalato a Schumann momenti felici e la necessaria serenità per comporre. Risale a questo periodo, infatti, la composizione di una Fantasia per pianoforte e orchestra che fu eseguita il 13 agosto 1841 al Gewandhaus di Lipsia con la moglie al pianoforte. Nonostante il successo tributatole dal pubblico, la Fantasia non fu molto apprezzata dagli editori che si rifiutarono di pubblicarla. Schumann, ormai senza più speranza di trovare un editore disposto a investire su questa composizione, decise di utilizzarla come primo movimento di un concerto aggiungendo un Intermezzo e un Finale. Il Concerto, tanto atteso da Clara che aveva manifestato la sua gioia in una pagina del suo diario (Ora il lavoro è diventato un Concerto, che penso di suonare durante il prossimo inverno. Sono molto felice di questa novità, giacché ho sempre sperato da lui un grande pezzo di bravura), fu completato nel mese di luglio del 1845, come si apprende da un’altra annotazione del 31 dello stesso mese:
“Robert ha ultimato il Concerto e lo ha inviato al copista. Quanto a me, mi sento felice come un re al pensiero di suonarlo con l’orchestra”.
Il desiderio di Clara, che iniziò a studiarlo mercoledì 3 settembre con grande entusiasmo per la ricchezza dell’invenzione e la freschezza delle idee, si realizzò presto e il Concerto fu da lei eseguito in qualità di solista il 4 dicembre 1845 all’Hôtel du Saxe a Dresda sotto la direzione di Ferdinand Hiller. In quell’occasione i tre movimenti vennero indicati nel programma come Allegro affettuoso, Andantino e Rondò, con quest’ultimi legati insieme in modo da formare un unico blocco. Circa un mese dopo, il primo gennaio del 1846, il Concerto fu eseguito al Gewandhaus di Lipsia sempre con Clara al pianoforte e Mendelssohn sul podio.
Nonostante la volontà di Schumann di dare una certa unità formale a questo concerto, in realtà il risultato finale non fu conforme alle sue intenzioni, dal momento che il legame, sulla scia di Mendelssohn, tra il secondo e il terzo movimento ottenuto con una citazione del tema principale, ripreso in una forma rielaborata, appare come un puro espediente formale incapace di conferire al brano quella solida e profonda unità sperata. Il tema principale, che, nel primo movimento, originariamente costituiva la suddetta Fantasia, nelle prime tre note richiama il nome della moglie, detta Chiarina, dal momento che il do, il si e il la vengono chiamati, nei paesi anglosassoni, C, H, in quanto si naturale, e A. Di grande effetto è l’attacco del primo movimento, Allegro affettuoso, con una cascata di accordi del pianoforte che introduce l’esposizione nella quale s’integra e dialoga in forma paritetica con l’orchestra, mentre il secondo movimento, Intermezzo (Andantino grazioso), presenta una struttura tripartita secondo lo schema A-B-A1. Il tema principale è tratto dal disegno ascendente della seconda parte del secondo inciso di quello del primo movimento e contrasta con quello della seconda sezione esposto dal violoncello. Anche il Finale, Allegro vivace, la cui struttura formale si richiama alla forma-sonata, si basa sul tema principale del primo movimento.
Durata: 37'
Sinfonia n. 1 (“La Primavera”) in si bemolle maggiore op. 38
Andante un poco maestoso, Allegro molto vivace
Larghetto
Scherzo: molto vivace
Allegro animato e grazioso
Periodo di composizione: Lipsia, 20 gennaio – 20 febbraio 1841
Prima esecuzione: Lipsia, Gewandhaus Saal, 31 marzo 1841. Tra gli eventi storici degli anni ’40 dell’Ottocento vanno ricordati: la prima rappresentazione, il 9 marzo del 1842, del Nabucco di Giuseppe Verdi; pubblicazione del 1842 de I promessi sposi di Alessandro Manzoni e nel 1848 del Manifesto del Partito Comunista da parte di Karl Marx e di Friedrich Engels.
“Ho la tentazione di distruggere il mio pianoforte: è diventato troppo angusto per contenere le mie idee. Ho davvero ben poca esperienza in fatto di musica orchestrale, ma non dispero di poterne acquisire…”
Con queste parole Robert Schumann espresse la sua volontà di cimentarsi in nuovi modi espressivi più rispondenti alla maturità stilistica che sentiva di aver raggiunto, incoraggiato anche dalla moglie Clara che da tempo aveva notato l’evoluzione estetica del marito. Così Schumann, dopo aver innalzato a opera d’arte il Lied, decise, sulla scia di Beethoven, di Schubert e di Mendelssohn, di ritornare al genere sinfonico dopo nove anni dall’esecuzione, avvenuta nel 1832 a Zwickau, di un suo brano per orchestra da lui successivamente rinnegato. Il desiderio spasmodico di scrivere qualcosa che non fosse per il pianoforte lo prese a tal punto che in soli quattro giorni, dal 23 al 26 gennaio 1841, egli riuscì già ad abbozzare la sinfonia che finì di orchestrare entro il 20 febbraio, come apprendiamo da quanto scrisse nel suo diario il 14 febbraio:
“La sinfonia mi ha dato molte ore felici, è quasi terminata. Spesso ringrazio lo Spirito benefico che mi ha permesso di portare così facilmente a termine, in così poco tempo, un’opera di questa importanza: l’abbozzo dell’intera sinfonia è stato completato in quattro giorni. Dopo numerose notti di insonnia viene l’esaurimento”.
La sinfonia, intitolata anche Primavera, fu eseguita per la prima volta al Gewandhaus di Lipsia il 31 marzo 1841 sotto la direzione di Felix Mendelssohn. Secondo quanto scritto nel suo diario dalla moglie, egli diede alla sinfonia il titolo di Primavera perché si era ispirato a un poema di Adolph Böttinger dedicato alla primavera, mentre il marito aveva dato una spiegazione diversa dicendo più semplicemente di essersi ispirato al suo Liebesfrühling (Spirito di amore).
La Sinfonia n. 1 è divisa in quattro movimenti intitolati: Frühlingserwachen (Risveglio della primavera), Abend (La sera), Frohe Gespielen (Compagni giocosi), Voller Frühling (La piena primavera). Il primo movimento si apre con un Andante poco maestoso introduttivo il cui tema di carattere solenne, che informa l’intera composizione, è affidato inizialmente ai corni e alle trombe, ai quali risponde tutta l’orchestra. Segue una nuova melodia affidata ai flauti, agli oboi e ai clarinetti e, in seguito, sviluppata dall’orchestra. Dopo un dialogo intrecciato dalle viole e dai violini secondi, che prosegue, poi, tra violini primi e secondi, un grande crescendo porta all’Allegro molto vivace in forma-sonata con un primo tema che riprende e sviluppa quello iniziale, al quale si contrappone un secondo di carattere cantabile affidato ai clarinetti e ai fagotti. La struttura dialettica tipica del bitematismo della forma-sonata viene, però, contraddetta sia a livello microformale dall’introduzione nella sezione di sviluppo di questo primo movimento di un terzo tema basato su una scala ascendente affidata ai clarinetti e ai fagotti, sia a livello macroformale da una struttura ciclica che collega i vari movimenti attraverso idee tematiche che anticipano quelle dei tempi successivi. Un esempio di questo modo di procedere ci è fornito dal successivo Larghetto, in cui ai due temi principali, dei quali il primo, cantabile, è affidato ai primi violini, mentre il secondo agli oboi e ai secondi violini, fa seguito una breve coda con un tema inatteso e quasi in contraddizione con il resto del brano che serve, tuttavia, a Schumann per introdurre il successivo Scherzo. Lo Scherzo presenta una struttura formale alquanto complessa riassumibile nello schema A-B-C-A-B-D con le lettere C e D che rappresentano i due Trii introdotti da Schumann in questo movimento di straordinaria intensità ritmica. Il quarto movimento, Allegro animato e grazioso, pur essendo strutturato secondo i canoni della forma-sonata con un’esposizione bitematica, con uno sviluppo e con una ripresa, è un’ulteriore conferma della concezione ciclica di questa sinfonia con il ritorno, da parte dei tromboni, nella sezione di sviluppo al tema iniziale della sinfonia.
Riccardo Viagrande