Il sole, di chi è?
Prima giornata scuole
Salvatore Percacciolo, direttore
Silvia Alù, regia
Coro di Voci Bianche Foss
Riccardo Scilipoti, maestro del coro
RINVIATO A DATA DA DESTINARSI
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Programma
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Silvia Colasanti
Roma 1975Il sole, di chi è? fiaba in un atto su testo di Roberto Piumini (prima esecuzione assoluta della nuova versione con coro di voci bianche)
Dalla prima esecuzione al Ponchielli di Cremona nel 2009, questa deliziosa operina per ragazzi continua a girare per i teatri di Italia e (a sentire le reazioni del pubblico giovanile) non smette di divertire e appassionare.
Partiamo dal testo, dai dialoghi cadenzati che sapientemente, senza darlo a vedere, uniscono il divertimento e l’intento pedagogico, in un equilibrio delicato e proficuo che Piumini conosce e pratica da una vita, e che lo rende amatissimo presso il pubblico infantile. In lui lo scatenarsi della fantasia attorno a piccoli, minuti fatterelli, l’ingigantirsi comico e a suo modo epico della situazione riprendono e aggiornano la lezione di Gianni Rodari. Vi si colgono, come nelle fantasticherie di Rodari, chiari intenti civili, inviti alla riflessione e alla solidarietà, anche garbati inviti alla ribellione (civile, sempre, fatta di intelligenza delle cose e applicazione della fantasia) dinanzi ai soprusi e all’ottusità, e un rispetto profondo per i piccoli, gli indifesi, i più sfortunati o i meno arroganti.
Nel nostro caso, una piccola comunità di lucertole, immaginose e flemmatiche, si gode beatamente il sole, finché non arriva un prepotente lucertolone di nome Gonzello che reclama per sé tutto il sole – nel farlo, gigioneggia in modo irresistibilmente indecoroso. Le poverette chiederanno aiuto ad alcuni animali, dapprima senza risultati, finché una gazza, con un trucco, non troverà lo stratagemma giusto per scacciare e punire il lucertolone tirannico. La trama è tutta qua, lieve e svagata, le situazioni ricorrono, giocando sull’effetto sicuramente comico della ripetizione (comico per i bambini, e ancora di più per gli adulti, che amano provare a tornare bambini, finché possono farlo di loro volontà).
La duttile musica di Silvia Colasanti ne “Il sole, di chi è?” si limita a acquarellare qua e là i dialoghi immaginati da Piumini, aprendo momenti che alla lontana ricordano marcette o arie o duetti o pezzi d’assieme persi in ampi recitativi (ovviamente senza clavicembalo obbligato). L’organico limitato alla minima rappresentanza delle principali famiglie strumentali (flauto, clarinetto, corno, violino, violoncello, percussioni) è l’ideale per questo genere di lavoro, dove la musica si pone al servizio del testo, allude, punteggia, giocherella, lavora per sottrazione, sembra insomma improvvisata lì per lì, dinanzi al giovanissimo pubblico, anzi stimolata dalle reazioni di questo. Anche in questa parsimonia di colori strumentali sta un’intuizione interessante e vicina alla sensibilità infantile: i bambini giocano con poco (con le scatole dei regali, più che con il pretenzioso contenuto), amano le ellissi che riempiono a loro piacimento con lo scatenarsi spontaneo dell’immaginazione – hanno insomma bisogno di poche note, accenni, guizzi, per sentire risuonare un’intera fantastica orchestra.
E questa di “Il sole, di chi è?” è musica così, saltella e scutrettola alla ricerca sempre un ritmo di marcia, oppure ammicca in parodie buffe (“O sole mio”, strapazzato ma non troppo dall’egoista Gonzello) che strappano l’applauso. Quella di Silvia Colasanti è musica che asseconda sempre la parola, che dalla parola poetica fluisce e prende corpo e struttura, che dà al testo ispiratore vastità di echi anche quando resta puramente strumentale.
Estratto da un articolo di Claudio Morandini su LetteratitudineNews (gennaio 2013)
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