67ma Settimana Internazionale di Musica Sacra di Monreale
LA GENESI
Alessandro Scarlatti Agar et Ismaele esiliati
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Luogo
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Duomo di Monreale
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Giorno
ora
Durata
Prezzo
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Giorno
Mercoledì 15 Ottobre 2025
Ore
21,00
Durata
66min.
Prezzi
- €
Direttore e clavicembalo Ignazio Maria Schifani
Sara Carlotta Colombo
Ismaele Silvia Frigato
Agar Chiara Brunello
Abramo Ugo Guagliardo
Angelo Martina Licari
Ensemble di Musica Antica Conservatorio “Alessandro Scarlatti” di Palermo
Nicholas Robinson, violino
Rossella Croce, violino
Giorgio Chinnici, viola
Daniele Lorefice, violoncello
Marco Lo Cicero, contrabbasso
Michele Carreca, tiorba
Giulio Falzone, tiorba
Guido Morini, organo
In collaborazione con il Conservatorio “Alessandro Scarlatti” di Palermo
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Programma
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Alessandro Scarlatti
Palermo, 1660 - Napoli, 1725Agar et Ismaele esiliati (1683 eseguito a Palermo nel 1691 con il titolo L’Abramo), oratorio per voci, archi e basso continuo su testo di Giuseppe Domenico De Todis (300 anni dalla morte di Alessandro Scarlatti 1660 –1725)
Soprannominato dai contemporanei l’Orfeo italiano ed esponente di spicco della scuola musicale napoletana, Alessandro Scarlatti fu sicuramente il maggiore compositore d’opera tra la fine del Seicento e i primi 25 anni del Settecento. Dopo una prima formazione musicale, avvenuta a Palermo, Scarlatti, nel 1672, all’età di 12 anni, si trasferì a Roma, dove non si sa bene con chi abbia studiato. Non ci sono prove né documenti, infatti, di un supposto apprendistato con Giacomo Carissimi, il maggiore compositore di oratori dell’epoca, che, tra l’altro, sarebbe morto nel 1674. Si sa, per certo, però, che, nel 1678, all’età di 18 anni fu assunto come maestro di cappella nella Chiesa di San Giacomo degli Incurabili e che nel 1679 ottenne il suo primo successo come operista con la sua prima opera, Gli equivoci nel sembiante, grazie alla quale gli si aprirono le porte dei maggiori teatri dell’epoca. L’opera, infatti, non solo fu rappresentata, tra il 1679 e il 1685, a Bologna, Napoli, Vienna e Ravenna, ma valse soprattutto al suo compositore l’attenzione di Cristina di Svezia che lo assunse come suo maestro di cappella e fu l’artefice della sua brillante carriera di operista. Probabilmente nel 1683, quando era ancora al servizio della regina in esilio a Roma e poco prima di trasferirsi a Napoli, Scarlatti compose, su un libretto di Giuseppe Domenico De Todis, forse influenzato dalla stessa Cristina di Svezia e dal cardinale Benedetto Pamphilij, l’oratorio Agar et Ismaele esiliati, che sarebbe stato rappresentato, 8 anni dopo, a Palermo, con il titolo L’Abramo. L’argomento, narrato nei capitoli 16 e 21 della Genesi, riguarda la doppia paternità di Abramo, che, spinto dalla moglie Sara, fino a quel momento sterile, ha dalla schiava Agar un figlio di nome Ismaele. Dopo la nascita di Isacco, però, la stessa Sara chiede ad Abramo di cacciare via la schiava, peraltro, mai nominata con il suo nome nell’oratorio quasi a dimostrare che non è una persona, ma solo uno strumento per ottenere il figlio, come in una forma arcaica di maternità surrogata, e Ismaele, affinché quest’ultimo non diventi erede insieme con suo figlio Isacco. Abramo, dispiaciuto, ma rassicurato da Dio sulla discendenza che avrebbe avuto anche Ismaele, caccia via Agar e il figlio, che sarebbero morti nel deserto se un angelo non fosse venuto in loro soccorso. In effetti, come Isacco diventerà il capostipite del popolo ebraico, Ismaele lo sarà di quello arabo.
Pur essendo un lavoro giovanile, questo oratorio rivela già alcune caratteristiche della futura arte di Scarlatti a partire dalla sinfonia, che, però, non ha ancora la struttura in tre movimenti secondo la forma standardizzata (Allegro-Adagio-Allegro), la cui invenzione sarebbe stata attribuita proprio a Scarlatti. Questa, invece, è in cinque brevissimi movimenti, dei quali il primo (Grave) è un brano di carattere espressivo e meditabondo a cui seguono un Allegro in stile fugato, un Largo dalla scrittura accordale intrisa di pathos grazie ai cromatismi, un tempestoso Presto, che riprende rielaborandoli elementi tematici dell’Allegro, e un altro Presto in cui i primi e i secondi violini si imitano tra di loro. La partitura si segnala, inoltre, per l’ardita scrittura armonica, piena di modulazioni, per la perizia contrappuntistica dei brani polifonici, mentre di ascendenza romana è l’introduzione del lamento nel deserto dei due protagonisti su un tetracordo discendente che costituisce uno dei momenti più toccanti dell’Oratorio.
Riccardo Viagrande
Durata: 66'