Wagner/ Gershwin/ Debussy/Ravel

Carlo Rizzi, direttore

  • Luogo

  • Politeama Garibaldi

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Venerdì
    28 Febbraio 2025

    Ore

    20,00

    Durata

    80min.

    Prezzi

    - €

    Calendario

  • Giorno

    Sabato
    01 Marzo 2025

    Ore

    17,30

    Durata

    80min.

    Prezzi

    - €

    Calendario

  • Programma

  • Richard Wagner
    Lipsia 1813 - Ca' Vendramin Calergi 1883

    Preludio e morte di Isotta da Tristano e Isotta

    Langsam und schmachtend (Lento e languente), Belebend (Animando), Allmählich im Zeitmass etwass zurückhaltend (Poco a poco ritenuto); Sehr massing beginnend (Cominciando molto moderatamente), Etwas bewegter (Poco più animato)

     

    “Non avendo mai goduto nella vita la vera e genuina gioia d’amore, voglio innalzare al più bello dei sogni un monumento, in cui dal principio alla fine questo amore sia appagato davvero e interamente. Ho in mente l’idea di un Tristano e Isotta, la concezione musicale più semplice e intensa. Con la vela nera che sventola alla fine voglio avvolgermi e morire”.

    Così in una lettera del 1854 Wagner, che stava vivendo un periodo particolarmente difficile della sua vita, annunciò a Franz Liszt il progetto di comporre il Tristano e Isotta, un’opera nella quale l’amore doveva essere celebrato in tutta la sua forza passionale. Dopo aver partecipato ai moti del 1848 a Dresda ed esser sfuggito in modo romanzesco alla repressione prussiana facendosi ospitare sulla carrozza di Bakunin, Wagner, che aveva trovato rifugio a Zurigo, fu raggiunto dal provvedimento di esilio comminatogli da tutti gli stati tedeschi. Nella città svizzera Wagner conobbe la famiglia dell’industriale Otto Wesendonck, dalla quale venne ospitato tra il 1857 e il 1858 in uno châlet, chiamato dal compositore stesso l’Asilo situato nel parco della loro villa, dove intrecciò una relazione con Mathilde, moglie di Otto. Proprio in questo periodo Wagner soffrì profonde delusioni non solo per il fallimento delle sue aspirazioni politiche ma anche per il difficile rapporto con la moglie Minna Planer, che, pur avendolo tradito in precedenza, fece scoppiare uno scandalo quando scoprì la relazione con Mathilde. Il compositore maturò, allora, l’idea di scrivere il Tristano e Isotta, in cui non si riflette soltanto l’infelice e irrealizzabile amore per Mathilde, donna colta e ammaliata dalla sua arte, ma anche la contemporanea lettura del Mondo come volontà e rappresentazione di Arthur Schopenhauer, sul quale lo stesso compositore si era così espresso in un’altra lettera indirizzata a Liszt:

    “Il suo pensiero cardine, la definitiva negazione della volontà della vita è terribilmente tragico, ma l’unico che veramente riesca liberatore. A me non è giunto totalmente nuovo, e nessuno può arrivare veramente a pensarlo se già non lo abbia intimamente vissuto. Ma a tale chiarezza mi ha soltanto guidato questo filosofo”.

    Durante il suo soggiorno nell’Asilo, Wagner, ispirato quindi da questa bruciante passione e dalla lettura dell’opera del filosofo tedesco, compose l’intero primo atto e parte del secondo del Tristano oltre a mettere in musica anche cinque poesie scritte da Mathilde, note con il titolo di Wesendonck-Lieder. Il 17 agosto 1858, in seguito allo scandalo fatto scoppiare dalla moglie, Wagner fu costretto a lasciare l’Asilo per rifugiarsi a Venezia, dove presso il Palazzo Giustiniani continuò a comporre il Tristano, che avrebbe completato soltanto il 6 agosto 1859 mentre si trovava a Lucerna nell’Hôtel Schweitzerhof, dove aveva trovato riparo dopo che anche il governo austriaco lo aveva indicato come un pericoloso rivoluzionario.  Solo sei anni dopo, il 10 giugno 1865, l’opera sarebbe stata messa in scena a Monaco sotto la direzione di Hans von Bülow, ma il Preludio e morte di Isotta, pensato già come un brano sinfonico a sé stante, era stato eseguito per la prima volta a Praga il 12 marzo 1859 sempre sotto la direzione di Bülow ed era stato diretto da Wagner stesso a Parigi il 25 gennaio 1860.

    In questo brano sinfonico è racchiuso il tragico significato dell’intera opera, nella quale si narra dell’amore impossibile vissuto dai due protagonisti che, dopo aver bevuto un filtro d’amore, si innamorano perdutamente l’uno dell’altra dimentichi dei doveri morali da assolvere. Tristano, in particolar modo, avrebbe dovuto accompagnare Isolde dal re Marco, suo zio, al quale la fanciulla era stata promessa in sposa. L’amore, che anima i due protagonisti, è irrealizzabile, in quanto non si appaga dei fugaci e materiali momenti di soddisfazione che la vita può offrire, ma aspira a una dimensione superiore impossibile in questa vita e raggiungibile solo con la morte. Il contrasto tra amore e morte, vissuto da Tristano e Isotta, appare evidente in questo brano sinfonico nel cui Preludio la passione è efficacemente evocata dal “tema dello sguardo” e da quello del “desiderio”, costituito, da un disegno cromatico ascendente di quattro note. Dalla loro sovrapposizione nasce il famoso “accordo del Tristano”, pieno di tensione e destinato ad avere una grande importanza per il successivo sviluppo dell’armonia, della quale mostra il carattere limitante. Finalmente, dopo una serie di accordi di dominante che non risolvono secondo le regole tradizionali, l’amore dei due giovani amanti è rivelato da un tema dall’ampia arcata melodica affidato ai violoncelli. La passione brucia e consuma i due amanti in una scrittura densa e tesa che avrà la sua realizzazione solo nel finale della successiva Morte di Isotta, che si apre con il “tema dell’amore” già utilizzato da Wagner nell’atto secondo. Isotta intona con bruciante passione il suo canto d’amore a Tristano e, quasi trasfigurata, muore, mentre l’armonia, densa di cromatismi durante tutto il brano, si placa nell’accordo finale di si maggiore ripetuto ben tre volte. Tale accordo, oltre a rappresentare la quiete della morte, rompe il magnifico incanto nel quale il pubblico è stato condotto, riportandolo alla realtà.

    Durata: 16'

    George Gershwin
    Brooklyn 1898 - Hollywood 1937

    An American in Paris (Un americano a Parigi)

    Allegretto grazioso, Più moderato, Tempo di Blues, Allegro, Grandioso, Moderato con grazia, Grandioso di coda

     

    Un Americano a Parigi è la musica più moderna che io abbia mai scritto. La parte iniziale si sviluppa alla maniera di Debussy, benché le melodie siano originali. Il mio assunto consiste nel riprodurre le impressioni di un viaggiatore americano che passeggia per Parigi ascoltandone i suoni e i rumori e assorbendo l’atmosfera della Francia. Ma c’è molta libertà, e chi ascolta può leggere nella musica tutte le immagini che preferisce”.

    Così lo stesso Gershwin sintetizzò il contenuto di questo suo poema sinfonico nell’elaborato e dettagliato programma che egli scrisse insieme con il compositore e critico musicale Deems Taylor per la prima esecuzione avvenuta il 13 dicembre 1928 alla Carnegie Hall di New York sotto la direzione di Walter Damrosch. Nonostante l’ambientazione francese, i primi abbozzi di questo poema sinfonico, commissionato a Gershwin dalla New York Philharmonic Orchestra, furono stesi in patria prima che il compositore si recasse a Parigi, dove sarebbe giunto nel mese di marzo 1928 per trascorrervi un lungo periodo di vacanza insieme alla sorella Frances, al fratello Ira e alla moglie di quest’ultimo Leonore. Nella sua valigia, il compositore aveva portato con sé gli abbozzi di questo poema con l’intenzione di completarne la stesura nella capitale francese, dove, però, egli, ormai all’apice del successo arrisogli grazie alla Rhapsody in Blue e al Concerto in fa, si trovò coinvolto in una serie di impegni mondani. La trionfale accoglienza riservata dal pubblico dell’Opéra proprio al Concerto in fa contribuì a fare di Gershwin uno dei personaggi maggiormente contesi dai salotti mondani parigini. Distratto, quindi, dal suo lavoro di composizione, Gershwin decise, allora, di fuggire dalla vita mondana e di stabilirsi per un breve periodo a Vienna dove, all’Hotel Bristol, trovò la pace necessaria per completare la stesura della versione pianistica di Un americano a Parigi, alla cui orchestrazione attese soltanto nella capitale francese dove rientrò in gran segreto. Gershwin era convinto, infatti, che solo il contatto diretto con la vita, i colori e l’atmosfera di Parigi gli avrebbe consentito di riprodurli efficacemente nella partitura in cui non mancano nemmeno elementi onomatopeici ottenuti con l’uso di quattro trombe di automobile perfettamente inserite in un organico particolarmente ricco e ricercato negli impasti timbrici.

    In questa partitura Gershwin, nonostante abbia cercato di ricondurne la struttura a una forma-sonata indicando le tre sezioni (esposizione, sviluppo e ripresa) forse perché eccessivamente preoccupato di confermare l’immagine di compositore classico già data con il Concerto in fa, ha realizzato con rara efficacia il programma nel quale sono descritte le impressioni maturate da un giovane yankee nelle sue passeggiate per le strade della capitale francese. Il poema sinfonico si apre con un tema gaio con il quale è ritratta la passeggiata del giovane americano per gli Champs-Elysées in una mattinata di sole, mentre gli echi dei clacson evocano il traffico della metropoli. Dopo esser sfuggito a malapena alle macchine, il giovane si rifugia in un Café, accolto dagli echi di una vecchia canzone affidata ai tromboni. Poco dopo, accompagnato, prima, da un tema affidato ai clarinetti e, poi, da una melodia del corno inglese, il giovane yankee giunge di fronte al Grand Palais per poi immergersi nelle stradine del Quartiere Latino. Qui una giovane prostituta, balbettando qualche parola in inglese, tenta un approccio in un seducente assolo di violino. Il giovane, dopo qualche tentennamento, fugge, ma è preso, poi, da una forte nostalgia della sua patria che si esprime nel grandioso blues della sezione centrale (Tempo di blues). L’incontro improvviso con un suo compatriota riporta la serenità, contraddistinta da ritmi di charleston che ritornano anche nel grandioso e gaio Finale dove vengono ripresentati, insieme ai clacson delle automobili, tutti i temi già esposti in questa affascinante e divertente partitura. 

    Durata: 17'

    Claude Debussy
    Saint-Germain-en-Laye, 1862 - Parigi, 1918

    Trois Nocturnes (Tre notturni) L 98

    Nuages

    Fêtes

    Sirènes

     

    I Trois Nocturnes ebbero una gestazione piuttosto lunga dal momento che il progetto iniziale risale al 1894, quando Debussy aveva pensato di comporre per l'amico violinista Eugène Yssaye un lavoro sulle suggestioni e le diverse sfumature del grigio. Abbandonata questa idea iniziale, Debussy tra il 1897 e il 1899 compose un trittico per sola orchestra con l'aggiunta di un coro femminile nella parte conclusiva, intitolato Nocturnes, e ispirato a suggestioni sia culturali, come i dipinti "notturni" di James Whistler o le poesie simboliche di Henry de Reigner, sia esistenziali quali la sirena di un battello a vapore sulla Senna sotto un cielo tempestoso, la banda della Guardia Repubblicana al Bois de Boulogne e il palpitare del mare. Considerati il vertice del pensiero musicale impressionistico di Debussy, i Nocturnes, come lo stesso compositore ebbe modo di affermare in occasione della prima esecuzione avvenuta ai Concerts Lamoureux di Parigi il 27 ottobre 1901, vanno intesi non «secondo la forma abituale della pagina di musica così definita, ma come tutto ciò che questa parola contiene di impressioni e luci speciali». Nel primo brano, Nuages, che, secondo Debussy, rappresenta «l'aspetto immutabile del cielo con la lenta e malinconica processione delle nuvole, che termina in una grigia agonia dolcemente tinta di bianco», emerge la voce del corno inglese, che forse allude alla sirena del battello, mentre il secondo, Fêtes, caratterizzato da una vitalità di ritmi e timbri, «è il movimento, il ritmo danzante dell'atmosfera con bagliori di luce improvvisa, è anche l'episodio di un corteo (visione abbagliante e chimerica) che passa attraverso la festa e vi si confonde; ma il fondo rimane, ostinato, ed è sempre la festa con la sua mescolanza di musica, di polvere luminosa, che partecipa a un ritmo totale». Infine Sirènes «è il mare e il suo ritmo innumerevole; poi, tra le onde argentate di luna, si ode, ride e passa il canto misterioso delle sirene».

    Durata: 24'

    Maurice Ravel
    Ciboure, 1875 - Parigi, 1937

    Daphnis et Chloé, Suite n. 2 M.57b (150° anniversario della nascita)

    Lever du jour

    Pantomime

    Danse générale

     

     "È stata mia intenzione comporre un vasto affresco musicale, meno attento all'arcaismo che alla fedeltà verso una Grecia dei miei sogni, che volentieri si congiunge alla Grecia che hanno immaginato e dipinto gli artisti francesi della fine del XVIII secolo".

    Così lo stesso Ravel ricordò nell'Esquisse biographique, dettata a Roland-Manuel, la composizione del balletto Daphnis et Chloé, un autentico capolavoro il cui soggetto è tratto da Gli Amori pastorali di Dafni e Cloe, romanzo greco delicato, ma atipico di Longo Sofista. In esso, infatti, contrariamente a quanto avveniva negli altri esemplari del genere nei quali due giovani fidanzati, prossimi alle nozze, venivano separati per ricongiungersi dopo una serie di peripezie, erano raccontati in una scrittura di raffinato lirismo lo sbocciare e la maturazione dell'amore di Dafni e Cloe, due pastorelli poco più che bambini, che vivevano in un'Arcadia stilizzata e bucolica. L'idea di mettere in musica questo soggetto così affascinante, però, non era stata di Ravel, ma di Michel Fokine che, già nel 1904, quando ancora si trovava in Russia, aveva proposto alla Direzione dei Teatri di Pietroburgo di allestire un balletto ispirato al romanzo di Longo Sofista, ricevendo, però, un netto rifiuto che non scoraggiò affatto il giovanissimo coreografo. Emigrato in Francia, nel 1908, Fokine fece la stessa proposta a Djagilev, il quale, entusiasta, incaricò Ravel di scrivere la musica completando la partitura il 5 aprile 1912 tra mille amarezze dovute forse a divergenze con Fokine e a una certa perdita d'interesse da parte di Djagilev nei confronti della forma del balletto classico a intreccio che sembrava superato. Il clima di conflittualità, che aveva caratterizzato l'ultimo periodo di composizione, non si placò nemmeno durante le prove dove esplosero i contrasti tra Djagilev e Nijinskij da una parte e Fokine dall'altra e non risparmiò nemmeno il corpo di ballo che non riusciva a tenere il tempo di 5/4 della Danse générale. Nata sotto i peggiori auspici, la prima al Théàtre du Chàtelet, l'8 giugno 1912, con Nijinskij (Daphnis) e Tamara Karsavina (Chloé), sotto la direzione di Pierre Monteux e con le scene di Leon Bakst, che, nonostante fossero magnifiche, non soddisfecero lo stesso Ravel, fu un clamoroso insuccesso. L'unico a essere applaudito fu Nijinski, non per la sua interpretazione del balletto di Ravel, ma per quella dell'Après-midi d'un faune di Debussy che fu eseguito nella stessa serata.

    Dal balletto Ravel trasse due serie di frammenti sinfonici da concerto, delle quali la seconda, più famosa ed eseguita, segue gli avvenimenti della seconda parte. Nella prima parte, da cui sono tratti i tre brani della prima serie, Daphnis, che aveva ricevuto come premio per aver vinto una gara di danza, Chloé, la perde immediatamente perché la ragazza viene rapita dai pirati. Dopo essere stato invocato, il dio Pan interviene liberando la ragazza mentre i pirati si scatenano in una danza sfrenata. Nel primo brano della seconda serie, Lever du jour, in cui è rappresentata l'alba in un tranquillo paesaggio arcadico pieno di echi di suoni della natura, alcuni pastori svegliano Daphnis e gli consegnano Chloé. Nel secondo brano, Pantomime, Daphnis, dopo aver compreso che la salvezza di Chloé è opera di Pan, decide di offrire un omaggio al dio mimando insieme con la fidanzata le storie degli amori di Syrinx e Pan che suona una languida serenata. Danse générale, infine, è una pagina di musica frenetica alla quale partecipano alcune fanciulle vestite da baccanti e giovani pastori esultanti.

     

    Riccardo Viagrande

    Durata: 12'