67ma Settimana Internazionale di Musica Sacra di Monreale

LA GENESI

Jules Massenet  La terre promise

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Venerdì
    17 Ottobre 2025

    Ore

    21,00

    Durata

    60min.

    Prezzi

    - €

    Calendario

Direttore                                 Andrea Licata

Baritono                                 Laurent Naouri

Soprano                                  Chloé Chaume

Tenore                                    Thomas Bettinger

Direttore del Coro                  Giulio Magnanini

Chœur Philharmonique de Nice

Orchestra Sinfonica Siciliana        

In collaborazione con il Palazzetto Bru Zane - Centre de musique romantique française

 

Palazzetto Bru Zane logo

  • Programma

  • Jules Massenet
    Montaud 1842 - Parigi 1912

    La terre promise, oratorio biblico in tre parti (prima esecuzione in Italia)

    Dopo circa vent’anni da La Vierge (1880) Massenet ritornò a comporre un oratorio, La terre promise in tre parti su libretto che egli stesso trasse dalla Vulgata nella versione francese di Silvestre de Sacy e che fu eseguito il 15 marzo 1900 nella chiesa di Saint-Eustache diretto da Eugène d’Harcourt. Sulla decisione, da parte di Massenet, di ritornare al genere oratoriale sono state avanzate alcune ipotesi. Secondo Louis Schneider, uno dei primi biografi del compositore, la motivazione di tale scelta andrebbe ricercata nel desiderio del compositore di emulare i grandi oratori di Händel, mentre, secondo altri studiosi, nella moda diffusasi tra la fine degli anni Ottanta e gli inizi degli anni Novanta dell’Ottocento, di opere di contenuto religioso. Nel 1891, infatti, la Société des Concerts du Conservatoire aveva eseguito la Messa in si minore di Bach e la Société des grands auditions musicales, nello stesso anno, aveva allestito una prestigiosa esecuzione di Israele in Egitto di Händel. Inoltre nel 1900 Eugène d’Harcourt aveva fondato Les Grands Oratorios de Saint-Eustache nel tentativo di costituire un ponte ideale tra compositori viventi e la grande tradizione rappresentata da Lully e Rameau. L’opera fu apprezzata anche dai giornali. Alfred Bruneau, su «Le Figaro» (16 marzo 1900), esaltò il connubio tra prosa e musica ritenuto irrealizzabile fino a qualche tempo prima: “Questi [Massenet] ha dunque scritto per questi spettacoli non più un dramma sacro, un mystère o una leggenda – tali sono i titoli esatti delle tre opere che ho citato – ma un oratorio, e seguendo anche l’esempio dell’abate Perosi ha voluto essere anche il suo proprio librettista, cercando lui stesso nei libri sacri un soggetto che fosse di sua convenienza. Questo soggetto, la Bibbia, tradotta da Silvestre de Sacy, glielo ha fornito. Ed è su della prosa che il signor Massenet ha composto la sua musica. Me ne congratulo in modo molto sincero e io non credo che in questo momento si trovino molte persone che lo biasimino. Qualche anno fa, l’unione della prosa e della musica era considerata come irrealizzabile. […] Ma dopo quel periodo le cose hanno mutato aspetto e io mi compiaccio di constatare, non senza gioia, che, oggi, il libretto in prosa è non solamente accettato, ma anche abbastanza impiegato in generale”.

    Il testo è interamente tratto dalla Bibbia e principalmente dai versetti del Deuteronomio e dal Libro di Giosuè senza alcuna aggiunta da parte del compositore che si limitò a spostare i versetti da una parte all’altra o sopprimerne alcuni. Alla stesura della partitura vi lavorò probabilmente dal 1897 al 17 agosto 1899 durante i suoi soggiorni a Aix-les-Bains, Pourville ed Égreville.

    La prima parte, Moab (L’Alliance), si ispira ai versetti del Deuteronomio e ricorda la promessa fatta da Dio a Mosé sul Monte Oreb consistente nel condurre gli Ebrei guidati da Mosé nella Terra Promessa. Questa parte è costruita sul tema ebraico Écoutez, Israël intonato in successione da un soprano, da un tenore e da un baritono. Seguono, poi, il coro Et lorsque nous serons en Terre Promise, in stile fugato e l’anatema dei Lévites contro i miscredenti, al quale rispondono le voci della folla con un grandioso corale. La seconda parte, Jéricho (La Victoire), che si ispira al versetto del Libro di Giosuè in cui si parla dell’assedio e della conseguente caduta delle mura della città di Gerico al suono delle trombe di Israele, si compone di tre brani: un preludio, la Marche du septième jour e un coro finale. Al preludio strumentale, una fuga in do minore aperta da un rullo di timpani, segue la Marche che è certamente il brano più importante di questa seconda parte, della quale sono protagoniste le trombe che intervengono per ben sette volte intercalandosi a intervalli regolari nella trama sinfonica così magistralmente da non procurare la noia della ripetizione continua del loro suono. Alla Marche segue un coro impetuoso che esalta il trionfo degli Ebrei. La terza parte, Chanaan o la Terre Promise, che si ispira al versetto di Giosuè nel quale si parla dell’ingresso del popolo ebraico nella Terra Promessa, inizia con una pastorale impregnata di serenità e di gioia per il popolo ebraico che ritrova la sua sicurezza. All’improvviso si sente la voce di Dio affidata a un soprano e accompagnata soltanto dall’organo a cui segue un coro finale in stile fugato che innalza un inno di riconoscenza a Dio.

     

    Riccardo Viagrande

    Durata: 60'