Satie/Prokofiev /Stravinskij

Jérémie Rhorer, direttore

  • Luogo

  • Politeama Garibaldi

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Venerdì
    28 Marzo 2025

    Ore

    21,00

    Durata

    100min.

    Prezzi

    - €

    Calendario

  • Giorno

    Sabato
    29 Marzo 2025

    Ore

    17,30

    Durata

    100min.

    Prezzi

    - €

    Calendario

  • Programma

  • Erik Satie
    Honfleur, 1866 - Parigi, 1925

    Parade. Balletto in un atto su soggetto di Jean Cocteau (100° anniversario della morte)

    1. Choral

    2. Prélude du rideau rouge

    Quadro primo

    3. Prestidigitateur chinois

    Quadro secondo

    4. Petite fille américaine

    5. Ragtime du Paquebot

    Quadro terzo

    6. Acrobates

    Conclusione

    7. Final

    8. Suite au prélude du rideau rouge

     

    “Un oltraggio al gusto francese”. Così aveva definito il critico musicale Jean Poueigh, in una sua recensione alla prima rappresentazione, il balletto Parade di Erik Satie il quale rispose con alcuni biglietti fattigli recapitare per posta del quale il più famoso, anche per la sua volgarità, risultò molto offensivo alle orecchie di Poueigh. Il critico, senza indugi, denunciò per diffamazione Satie il quale fu condannato a 8 giorni di carcere e a una pesante multa. Anche Jean Cocteau, autore del libretto, fu arrestato e picchiato per aver protestato violentemente contro l’avvocato dell’accusa durante il processo e solo grazie all’intervento della Principessa di Polignac la pena nei confronti di Satie fu sospesa fino al 15 marzo 1918. Tra l’altro questo balletto non era nato da un’idea di Satie ma di Jean Cocteau, che, avendo già collaborato con i Balletti Russi nel 1912 per Le diable bleu di Reynhaldo Hahn, ne aveva proposto a Djagilev uno nuovo del quale sarebbero stati protagonisti personaggi eccentrici che si muovevano in una fiera. Nel frattempo, inoltre, Cocteau aveva fatto la conoscenza di Satie, la cui suite per pianoforte a quattro mani, Trois morceaux en forme de poire, lo aveva impressionato al punto da pensare di scrivere un libretto proprio per questa musica. Allettato dal desiderio di comporre un balletto, Satie si rifiutò di riutilizzare musica che aveva già scritto, ma accettò la proposta di Cocteau che, per il soggetto del libretto, si era ispirato al dipinto La parata del circo di Georges Seurat. La prima rappresentazione, avvenuta a Parigi il 18 maggio 1917 al Théâtre du Châtelet sotto la direzione di Ernest Ansermet, con le scene e i costumi di Pablo Picasso e la coreografia di Léonide Massine che si esibì anche nella parte del prestigiatore cinese, fu causa dello scandalo e delle polemiche alle quali si è accennato in precedenza. A scandalizzare il pubblico e la critica furono i rumori prodotti sulla scena da una ruota della lotteria, da una macchina da scrivere, da una pistola, da un set di bottiglie e anche la presenza di insoliti personaggi, tra cui acrobati, prestigiatori e prostitute. In effetti il libretto di Cocteau, che aveva come scopo quello di costruire un mondo leggero, bizzarro e al tempo stesso poetico da opporre a quello brutale determinato dagli eventi bellici, non ha una vera e propria trama dal momento che esso mette in scena una parata di artisti da fiera che si esibiscono per strada nei loro numeri per attirare i passanti affinché comprano il biglietto per assistere allo spettacolo che avrebbero dato nel loro piccolo teatro. Inizialmente sono un manager parigino e uno americano che cercano di attirare l’attenzione con un atteggiamento cerimonioso. Poi è la volta di un prestigiatore cinese, che fa apparire e scomparire un uovo, di una bambina americana che interpreta varie scene di film, tra cui guidare un’automobile o sparare con una pistola, e alla fine balla un ragtime, che, tra l’altro, costituisce il primo brano di musica jazz introdotto in un contesto classico, di un cavallo, mosso da due ballerini, e, infine, di due acrobati che si esibiscono in un salto mortale. Queste esibizioni non convincono, però, il pubblico, che ha già di fatto assistito alla rappresentazione, a comprare il biglietto.

    Dal punto di vista musicale Satie adottò una scrittura semplice sia nella costruzione delle melodie, in prevalenza da fiera, come voleva l’ambientazione e con accompagnamenti uniformi, anche questi perfettamente idonei al contesto, sia nell’orchestrazione leggera che dava spazio ai rumori di cui si è parlato in precedenza. In realtà si assiste a una mescolanza di una scrittura tradizionale contraddetta da situazioni insolite con squarci lirici che vengono, subito dopo, ridicolizzati.

    Durata: 15'

    Sergej Sergeevič Prokof'ev
    Soncovka 1891 - Mosca 1953

    L’amore delle tre melarance, suite sinfonica op. 33 bis

    I ridicoli

    Il Mago Celio e Fata Morgana giocano a carte

    Marcia

    Scherzo

    Il principe e la principessa

    La fuga

     

    Il 7 maggio 1918 Prokof’ev era partito per gli Stati Uniti per una lunga e importante tournée durante le quale non mancarono delusioni, poche in verità, che si alternarono, però, a importanti soddisfazioni. Giunto, infatti, dopo un lungo e pericoloso viaggio a New York nel mese di settembre del 1918, Prokof’ev non trovò nella città americana l’accoglienza sperata non tanto presso il pubblico che giudicò sempre con favore le sue esibizioni, quanto presso la critica che si mostrava incuriosita dalla sua tecnica pianistica piuttosto che dalle sue composizioni. I critici americani avevano sottolineato le braccia e le mani d’acciaio, i bicipiti e i tricipiti d’acciaio, esprimendo dei giudizi più adatti a un pugile, come egli stesso ebbe modo di affermare con una certa ironia nella sua autobiografia, che a un musicista. Dopo il trasferimento a Chicago la situazione migliorò per il compositore, secondo quanto testimoniato dallo stesso Prokof’ev:

    “Le cose andarono meglio a Chicago. McCormick, che viveva in quella città, mantenne la parola e mi mise in contatto con Stock, direttore dell’orchestra di Chicago e con il direttore del Teatro dell’Opera di Chicago, Campanini. Le mie due esecuzioni con l’orchestra di Chicago riscossero maggior successo di quelle newyorchesi. «Musica bolscevica», scrissero i giornali della Suite scita, dando a quella frase il senso di eccezionale. Campanini era interessato al Giocatore. Avevo con me lo spartito, ma come fare a far arrivare la partitura dal Teatro Mariinskij? Mi venne un’altra idea: lasciando Mosca avevo portato con me per il viaggio il primo numero della rivista teatrale «L’amore per le tre melarance», che era stata chiamata così derivando il titolo dalla pièce di Carlo Gozzi. La pièce mi aveva molto interessato per l’insieme di fiabesco, scherzi e satira e ne avevo perfino steso un progetto durante il mio lungo viaggio. Ne parlai con Campanini. «Gozzi! Il nostro caro Gozzi! Ma è splendido!» gridò l’italiano. Nel gennaio del 1919 sottoscrivemmo un contratto. L’opera doveva essere pronta per l’autunno”.

    Così nacque L’amore delle tre melarance, alla cui composizione Prokof’ev si dedicò totalmente favorito anche dalle condizioni economiche del contratto che gli consentiva di potersi mantenere in America senza la necessità di dare concerti come pianista e, quindi, di studiare in funzione della loro esecuzione. Il lavoro, però, subì una battuta d’arresto nel mese di marzo, quando Prokof’ev contrasse la scarlattina che presto si trasformò in difterite. Tuttavia non furono tanto le condizioni di salute a preoccupare Prokof’ev, che, dopo esser guarito dalla difterite grazie al suo fisico robusto, portò a termine il lavoro, quanto alcuni eventi sfortunati che ritardarono la messa in scena dell’opera. Prokof’ev aveva, infatti, completato la stesura della partitura il 1° ottobre rispettando perfettamente i termini del contratto, ma la morte, nel mese di dicembre, di Campanini, direttore del Teatro dell’Opera di Chicago, aveva determinato, nell’istituzione teatrale, una crisi così profonda da impedire l’organizzazione della nuova stagione teatrale. Senza alcuna possibilità di rappresentare l’opera e con la prospettiva di pochi concerti, Prokof’ev si trovò economicamente in una situazione non certo florida, per cui decise di recarsi in Francia per riprendere i contatti con Diaghilev che gli commissionò il balletto Le chout (Il buffone). Confidando nella possibilità di una prossima messa in scena dell’Amore delle tre Melarance, Prokof’ev fece ritorno negli Stati Uniti nel mese di ottobre del 1920, ma il viaggio gli riservò una brutta sorpresa. Nella cabina della nave gli rubarono una delle due valigie, per fortuna non quella che conteneva la partitura dell’opera. Nonostante ciò, il viaggio fu allietato dalla presenza sulla nave del direttore d’orchestra palermitano Gino Marinuzzi, all’epoca direttore stabile dell’Opera di Chicago, e del suo maestro sostituto Bellini, il quale, affascinato da quest’opera, come ricordò lo stesso Prokof’ev, aveva suonato tutta l’estate le Tre Melarance proprio a Marinuzzi, aggiungendo che:

    “Incontrandomi sulla nave, [Bellini] per prima cosa mi ha naturalmente cantato da cima a fondo la Marcia della mia opera”.

    Proprio la Marcia è uno dei brani più celebri di quest’opera che finalmente venne rappresentata il 30 dicembre del 1921 a Chicago con un grande successo, mentre molto diversa fu l’accoglienza in occasione della prima rappresentazione a New York il 14 febbraio 1922. Lo stesso compositore ricordò così quella circostanza:

    “Mi recai a New York, dove poco dopo arrivò la troupe dell’Opera di Chicago e, dopo che la data della rappresentazione venne modificata diverse volte, il 14 febbraio 1922 ebbe luogo l’unico spettacolo dell’Amore delle tre melarance. […] Il pubblico, come sempre, mi accolse con calore, ma mio Dio, che cosa non apparve il giorno seguente sui giornali! Era come se una muta di cani fosse stata sciolta e mi avesse azzannato attraverso i pantaloni. Se a Chicago non capivano molto, tuttavia difendevano la “loro produzione”; a New York non avevano niente da difendere, al contrario veniva risvegliata la rivalità tra le due città: «Volete mostrarci ciò che noi stessi non abbiamo ritenuto di mettere in scena? Ecco, prendetevi questo.”

    L’opera non si affermò immediatamente nemmeno in Europa dove fu rappresentata per la prima volta a Colonia il 14 marzo 1925 e la Suite, da essa ricavata e presentata a Parigi il 25 novembre dello stesso anno sotto la direzione dell’autore, non riscosse un grande successo che, invece, arrise in Unione Sovietica all’opera alla prima rappresentazione avvenuta a Leningrado il 18 febbraio 1926. Nella Suite sono stati raccolti alcuni dei momenti più importanti di quest’opera, strutturata in un Prologo e quattro atti e dall’argomento surreale e ironico che narra di un principe malato perché innamorato della poesia tragica e, altresì, dei tentativi posti in atto dal Re di coppe, suo padre, e da Truffaldino per farlo ridere. Nonostante tutti gli sforzi, il principe non ride, fino a quando gli si pone davanti una scena esilarante di cui è protagonista la Fata Morgana, che, vittima di uno scherzo di Truffaldino, inciampa. La Fata, indispettita, maledice il principe che da questo momento sarà ossessionato dall’amore per tre melarance il cui ritrovamento è necessario per fargli acquistare la pace sperata. La ricerca e il relativo ritrovamento sono resi difficili dal fatto che le tre melarance sono prigioniere della maga Creonta. Il mago Celio, intervenuto in favore del principe, a sua volta aiutato nella ricerca anche da Truffaldino, comunica il luogo in cui sono nascoste le melarance, ammonendoli di aprirle solo se avranno dell’acqua a disposizione. Truffaldino, mentre il principe sta dormendo, apre, senza le precauzioni suggerite dal mago, due melarance, dalle quali escono Linetta e Nicoletta che muoiono subito dopo di sete, per cui il poveretto spaventato fugge. Svegliatosi, il principe apre la terza melarancia dalla quale esce Ninetta che, in procinto di morire di sete, viene salvata dall’intervento degli Originali. I due si innamorano ma la Fata Morgana trasforma in un ratto la donna che, soltanto grazie all’aiuto di Celio e degli Originali, può riacquistare le sue fattezze fisiche. I due giovani finalmente possono coronare il loro sogno d’amore con il matrimonio.

    La Suite si distingue per la raffinata orchestrazione evidente già in tutti e sei i brani di cui si compone. Nel primo, I ridicoli, tratto dal Prologo, i Tragici, i Comici, gli Scervellati e i Lirici discutono su quale genere di spettacolo sia il migliore. Nel secondo, Il mago Celio e la Fata Morgana, i due protagonisti sono impegnati in una partita a carte. Celeberrimi sono i due brani successivi, la Marcia e lo Scherzo, che hanno avuto un successo tale da essere eseguiti indipendentemente dal resto della Suite, mentre una pagina di autentica poesia è Il principe e la principessa, tratta dall’atto terzo, dove assume toni di intenso lirismo la descrizione dell’amore tra i due giovani. Infine nell’ultimo brano, La fuga della principessa è rappresentata con rara efficacia.

    Durata: 20'

    Igor' Fëdorovič Stravinskij
    Lomonosov, 1882 - New York, 1971

    L’uccello di fuoco (L’oiseau de feu) (Versione del 1910)

    1. Introduzione
    2. Quadro primo: Giardino incantato di Kascej
    3. Apparizione dell'Uccello di fuoco inseguito dallo Zarevic Ivan
    4. Danza dell'Uccello di fuoco
    5. Lo Zarecic Ivan cattura l'Uccello di fuoco
    6. Supplica dell'Uccello di fuoco
    7. Apparizione della Tredicesima Principessa Incantata
    8. Gioco della Principessa con le mele d'oro - Scherzo
    9. Improvvisa comparsa dello Zarevic Ivan
    10. Il Khorovod della Principessa
    11. Alba
    12. Carillon magico: apparizione dei mostri a guardia del giardino di Kascej; cattura dello Zarevic Ivan
    13. Arrivo di Kascej lImmortale; dialogo con lo Zarevic Ivan; intercessione della Principessa
    14. Apparizione dell'Uccello di fuoco
    15. Danza della scorta di Kascej sotto l'incanto dell'Uccello di fuoco
    16. Danza infernale di tutti i sudditi di Kascej
    17. Ninna-nanna
    18. Morte di Kascej
    19. Quadro secondo: Sparizione del palazzo e dissoluzione delle magie di Kascej; liberazione dei guerrieri pietrificati; ringraziamento generale

     

    Composto tra il mese di novembre del 1909 e il 18 maggio del 1910, L’uccello di fuoco rappresenta il primo importante successo per Igor Stravinskij che, proprio con questo lavoro, assurse al ruolo di artista di fama internazionale. Determinante per il suo successo fu l’incontro con Sergej Diaghilev, impresario dei Ballets Russes, rimasto particolarmente colpito da una delle sue opere giovanili, Feu d’artifice (Fuochi d’artificio), eseguita, per la prima volta, a San Pietroburgo il 6 febbraio 1909 sotto la direzione di Aleksander Ilijč Siloti. Grande scopritore di talenti, Diaghilev, che con la sua compagnia dei Ballets Russes, fondata nel 1909 grazie all’appoggio finanziario di esponenti della nobiltà russa e francese, si proponeva di diffondere l’arte russa organizzando spettacoli di balletto, avendo intuito le geniali capacità del giovane Stravinskij, gli commissionò l’orchestrazione di due pezzi di Chopin per il balletto Les Sylphides e, in seguito, la composizione di un intero balletto. Egli compose, allora, L’uccello di fuoco, un’opera ispirata alla tradizione dei balletti russi il cui argomento fu tratto dal coreografo Michel Fokine da una fiaba russa. La fiaba ha per protagonista un principe di nome Iván che viene aiutato dall’Uccello di fuoco dalle penne d’oro, da lui liberato, a salvarsi dal re Katscei, che trasforma le persone in pietre, e a conquistare la principessa amata. Il compositore, per differenziare gli elementi naturali da quelli soprannaturali, utilizzò linguaggi musicali diversi, ricorrendo al diatonismo per i primi e al cromatismo per i secondi. Da questo balletto, rappresentato a Parigi il 25 giugno 1910, Stravinskij ricavò, l’anno successivo, una suite, che rielaborò, una prima volta, nel 1919 per un diverso organico orchestrale e, una seconda volta, nel 1945. Nel balletto, che sarà eseguito nella sua versione originaria del 1910, il soprannaturale è rappresentato sia nell’Introduzione, dove la musica sembra descrivere un mondo che emerge dalle tenebre, sia nel Giardino incantato, sia nella Danza dell’Uccello di fuoco, sia nella Supplica e, infine, nella conclusiva Danza infernale, estremamente aspra negli impasti timbrici e armonici. L’atmosfera russa, che caratterizza l’intero lavoro, trova il suo punto culminante nel Chorovod, una danza ballata in tondo da principesse russe.

    Numerosi sono gli elementi di scrittura che anticipano la grande futura arte di Stravinskij, come, per esempio, l’uso del tritono, la presenza di accordi, che preannunciano le strutture armoniche germinali di Petruška, e, infine, l’adozione di una scrittura politonale. Le immagini di magia evocate dalla musica, inoltre, si basano su una successione di quattro suoni che viene trattata secondo procedimenti precursori della tecnica seriale.

     

    Riccardo Viagrande

     

     

    Durata: 50'